Zingarandia
Lacrime lacrime non ce n’è mai abbastanza quando vien su la scoglionatura, inutile dire cuore mio spaccati a mezzo come un uovo e manda via il vischioso male, quando ti prende lei la bestia non c’è più nulla da fare solo stare ad aspettare un giorno appresso all’altro.
Quando ti prende lei la bestia ti spazza via le case anzi le casupole e ti porta in un lager che dicono è un posto dove starete bene, sì, starete bene, ma poi non puoi invitare nessuno e non è casa tua tanto vale tatuarci un numero seriale sul polso e dirci lavorate, sì, lavorate zingari di merda, kosovari del cazzo.
Non lo sanno neanche dove sta il Kosovo e ci rimandano in Montenegro e dicono che le nostre non sono case. Ma se io qui ci dormo e ci vivo e ci accendo il fuoco e ci bacio mio marito e mando i miei bambini alla scuola e poi dicono siamo sporchi e rubiamo i bambini. Ma io non li voglio i figli degli altri, io voglio i miei e che non me li portano via e ho paura di questi altri zingari che dicono rubano i bambini e di quelli che hanno le case con i rubinetti d’oro. Però quelli con le case con i rubinetti d’oro non li vanno mai a prendere, anzi gli fanno i funerali coi cavalli bianchi e mettono i petali di rose sulle bare.
Stavamo bene al casilino 900 e Francesco lavorava faceva il muratore e faceva amicizia con gli italiani e mi diceva sempre vieni anche tu alle braciolate.
Ma io ho paura degli italiani e ho paura degli zingari ed ho paura che non ci sta un posto nel mondo che possiamo chiamare casa.
Un giorno scriverò un libro sul non poter andare dove si vuole.
A noi ci chiamano nomadi e non possiamo andare da nessuna parte.
Un giorno stavo al campo e aspettavo i bambini che tornavano da scuola e invece ecco ci prendono e ci dicono dovete andare, questo non è il posto vostro, non è casa vostra.Francesco gli dice che c’ha un lavoro e loro gli dicono ma non farmi ridere zingaro dimerda e sputano sulla roulotte che comunque è dove viviamo e ci dicono fate i bagagli che vi rimpatriamo.Ma noi abbiamo il passaporto della Ex Jugoslavia e se una cosa è ex significa che non esiste più e allora dove ci mandano?
In Montenegro noi la lingua non la parliamo e Francesco lo lasciano in Italia e allora dobbiamo trovare una casa, ma nessuno affitta casa agli zingari e allora restiamo per strada e i bambini non vanno a scuola e Francesco mi manda i soldi dell’ultima volta che ha lavorato a cottimo, ma io con i soldi non ci faccio niente perchè sono zingara e non li vogliono i miei sporchi soldi.
Alla fine ci affittano una casa e la casa è bella ed io mi metto a cucinare e i bambini crescono e imparano la lingua e Francesco continua a mandare i soldi. Io mi sento sola e penso che sono una zingara di merda e mi merito di stare sola, perchè io mica mi immischio agli italiani, ai Kosovari, agli Jugoslavi e manco agli zingari e penso che se non posso chiamarmi in nessun modo allora manco esisto e non esistono i miei figli e allora dico a Francesco di non mandarmeli più i soldi, perchè tanto che ci faccio con i soldi se non esisto?
E lacrime lacrime non ce n’è mai abbastanza e cuore mio spaccati a mezzo come un uovo quando arriva Francesco e me li porta lui i soldi di persona e mi dice che sono pazza ma che ne usciremo insieme, che meritiamo di essere una famiglia felice perchè siamo onesti e male non ne abbiamo fatto a nessuno.
E allora intanto con i soldi che non avevo speso ci paghiamo tutte le persone che servono per arrivare ai permessi di soggiorno e potere tornare in Italia, ma nelle roulotte di prima mica ci possiamo vivere perchè il campo lo hanno spazzato via.
E allora ci portano al Campo di Via Salone che poi è il lager di cui parlavo prima e ci ficcano in una casa fatta di lamiere insieme ad altri zingari. Però loro rubano i bambini e ora si rubano anche i miei penso e allora mi chiudo dentro casa e non parlo con nessuno.
E allora arriva una zingara e mi porta una torta che ha fatto lei e mi chiedo dove l’ha fatta e se gli zingari sono capaci di cucinare allora hanno una cucina e se hanno una cucina hanno una casa e una famiglia e allora la faccio entrare.
La zingara sorride e io preparo il thé che ha portato Francesco che gli ha dato un amico suo indiano, dice che si chiama Màccia.
La zingara sembra una persona e gioca con i bambini e mi dice che dobbiamo aiutarci tra noi perchè se non ci aiutiamo tra noi allora siamo tutti morti e dobbiamo portare avanti la nostra cultura e parlare il Romanes.
Allora inizio a pensare che forse veniamo da un altro pianeta e che in quell’altro pianeta siamo accettati e cucinano sempre torte e preparano i thè e i bambini vanno a scuola e parliamo il Romanes e nessuno ci studia, la bestia non ci sputa addosso e possiamo muoverci come vogliamo e hop! hop! hop! Passare da una parte all’altra del pianeta che non è segnato da confini barriere e frontiere e penso che se deve esistere un pianeta così lo chiamo Zingarandia.
Giada Giorgi in Narrazioni Contro – Antologia Periferia, LaPE 2020, ediz.Universitalia