Lì dentro: un flusso di coscienza (n)etnografico
Filippo Ceccarelli viene definito, tra i giornalisti politici, “il cesellatore”: l’uomo capace di creare affreschi del tutto verosimiglianti sui vizi e le virtù della classe dirigente, più che limitarsi a raccontare le storie dei politici. Su questo, in grado di competere solo con La Grande Bellezza sorrentiniana.
Ne Gli italiani nei social, Ceccarelli veste di nuova pretesa non tanto le proprie modalità narrative, quanto l’oggetto narrato: la vita degli italiani, per l’appunto, Lì dentro – i social – Instagram perlopiù:
«Nel tinello di una modesta abitazione appare sullo schermo Diletta Leotta; una signora, di spalle, nel deterge l’immagine con cotone idrofilo.
Fotomontaggio di bimbo culturista con fregio in mezzo al petto. Inefabbile didascalia “Questo bambino ha fatto tatuagghi.”
Sequenza di maiali pezzati che si tuffano in un corso d’acqua, plastici, rumorosi, elegantissimi.
Ciccio Kriminal, attempato rapper della cintura torinese, si nutre all’aperto su un muretto, a torso nudo, con due posate di plastica e il piatto sulle ginocchia: “colazione ds campioni ragà, insalatone misto con i crackers spezzati, un pizzico di tonno: e che ti mangi, zio!».
In quello che è al contempo reportage, saggio sociologico, divertito e divertentissimo flusso di coscienza, Filippo Ceccarelli non solo compie un’opera estetica di grande valore, ma ci racconta anche una duplice storia: quella del rapporto figlio-padre con Filippo e di padre-figlio con Giacomo, vero e proprio Caronte nella discesa degli abissi nei social. Questo complesso ménage familiare sarà il filo che tesserà insieme gli sfrenati racconti sui più bizzarri modi di autorappresentarsi degli italiani.
E proprio su questa novità, ossia la capacità di chiunque di autorappresentarsi e diventare famoso, Ceccarelli dovrà fare un passo indietro. Perché quando sta per condannare moralisticamente la tendenza all’apparire del ceto popolare – ormai più che tendenza, piano inclinato – il figlio Giacomo lo redarguisce invitandolo a essere più indulgente: “apparire non è esistere, ma smettere di soffrire!”. Ah, quanto solletica di possibilità e sconfitta gli studi sull’egemonia culturale di gramsciana memoria questa affermazione!
E se provassimo anche noi a scrivere Lì dentro? Se tenessimo un diario in cui scrivere a parole la sequenza di immagini che appare sui nostri device? Cosa uscirebbe fuori, da uno scroll di 30 secondi, per ognuno di noi?
Gli italiani nei social è un racconto cinico, ma anche ricco di incanto e stupore: una delle più belle etnografie dei media mai realizzate. Quella di Filippo Ceccarelli è la più sensazionalmente divertita e tragica epopea di un boomer all’interno di Instagram. Da leggere a qualsiasi età e in qualsiasi generazione, per capire qualcosa in più sul trauma degli ambienti digitali. E sull’umanità.
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